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La lingua geniale
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Marcolongo, Andrea

La lingua geniale

Bari [etc.] : GLF Laterza, 2016

Abstract: "Innanzitutto questo libro parla di amore: il greco antico è stata la storia più lunga e bella della mia vita. Non importa che sappiate il greco oppure no. Se sì, vi svelerò particolarità di cui al liceo nessuno vi ha parlato, mentre vi tormentavano tra declinazioni e paradigmi. Se no, ma state cominciando a studiarlo, ancora meglio. La vostra curiosità sarà una pagina bianca da riempire. Per tutti, questa lingua nasconde modi di dire che vi faranno sentire a casa, permettendovi di esprimere parole o concetti ai quali pensate ogni giorno, ma che proprio non si possono dire in italiano. Ad esempio, i numeri delle parole erano tre, singolare, plurale e duale - due per gli occhi, due per gli amanti; esisteva un modo verbale per esprimere il desiderio, l'ottativo, e non esisteva il futuro. Insomma, il greco antico era un modo di vedere il mondo, un modo ancora e soprattutto oggi utile e geniale. Non sono previsti esami né compiti in classe: se alla fine della lettura sarò riuscita a coinvolgervi e a rispondere a domande che mai vi eravate posti, se finalmente avrete capito la ragione di tante ore di studio, avrò raggiunto il mio obiettivo."

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Riccardo Guerra
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Il libro nel mio caso non raggiunge l'obiettivo che l'autrice si era preposta: mostrare la bellezza di una lingua che ella stessa definisce geniale.
In alcuni passaggi l'autrice esagera e quando succede in genere si rischia di dire "sciocchezze" od essere addirittura "ridicoli". Questo quando si pensa che studiare il greco insegni e prepari a vivere.
Studiare apre la mente. E' una affermazione vera, ma non è caratteristica unica del greco è affermazione vera in generale.
Così come è solo una credenza quella che chi studia al liceo classico sappia parlare e scrivere meglio di chi ha seguito altri studi.
Scrivere e parlare correttamente o in modo forbito non è un'esclusiva di chi ha studiato greco; è il frutto di studio, leggere libri, fare attenzione a come si parla e si scrive, adoperandosi per migliorarsi.
Anche la punteggiatura non è patrimonio esclusivo di studenti del liceo classico. Io vi faccio attenzione e ho studiato al liceo scientifico.
Il libro inizia con una dissertazione su come il greco antico non badasse alla concezione del "quando", ma fosse preoccupato del "come". Perciò l'autrice definisce i greci liberi dal tempo, dedicandosi al come delle cose; mentre noi siamo prigionieri del tempo.
Il fatto che una lingua non esprima il concetto di tempo, ma si dedichi a descrivere come avvengono i fatti, io inizierei col dire che è una povertà e non una ricchezza di una lingua. Non è affatto vero che nell'epoca moderna nessuno più si preoccupi del come delle cose. E' vero che oggi si consumano le cose con una rapidità maggiore che nel passato. Però nulla si sa di come e cosa i greci pensassero; solo ciò che è giunto sino a noi e cioè una lingua "morta", che ha subito cambiamenti che nessuno è in grado di filtrare per poter vedere come questa fosse prima dei cambiamenti subiti.
Una lingua complessa, che richiede molta attenzione nell'usarla è una lingua che si usa per scrivere, non per parlare (troppo complicata). Una lingua che contiene parole dai molti significati, la cui comprensione è data dal contesto in cui si trovano, dalle preposizioni usate.
L'italiano è una lingua che può essere usata in molti modi, anche con un linguaggio forbito; è necessario riflettere prima di scegliere le parole più corrette. Lo si può fare scrivendo; parlando chiaramente deve essere tutto più rapido e semplice. Dipende anche dalla cultura personale da cui si attinge.
Una lingua necessita di una semplicità che aiuti allo scambio di informazioni, pechè la lingua è lo strumento per comunicare e non solo per essere "indorata". Questo è un tratto fondamentale.
Molto è andato perduto del greco antico. Come tutte le lingue risente del tempo anch'esso; nonostante questo si cerchi di tenerlo lontano e badare più al come, la quarta dimensione oltre alle tre dimensionali non è controllabile. Infatti il greco antico è morto; il tempo invece ha "continuato" la sua strada mutando uomini e lingue.
La lingua è uno strumento, non è un fine.
Anche a me dispiace vedere l'impoverimento progressivo dell'italiano, dove una massa di ignoranti sostituisce parole italiane con altre di uso più comune, ma straniere; perchè si crede di sembrare più colti o professionali. Anche quelle isitituzioni come la Crusca perdono col tempo il loro obiettivo e aiutano a disperdere tesori linguistici. Anche per l'italiano però vale ciò che è proprio di una lingua: strumento di comunicazione che deve adattarsi ai tempi. Spariscono oggetti di uso comune e con loro le parole che li definivano.
Il libro poi ha anche elenchi noiosi di parole.
Concludendo, non ho trovato nel libro ciò che pensavo di trovare.
Studiare è fondamentale per chiunque. Perciò è corretto che studiare il greco o il latino aiuta lo studente a crescere e formare un suo metodo di pensare logico. Non vale però solo per il greco, ma anche per quella matematica che molti usciti dal classico non comprendono e non ne comprendono nemmeno l'importanza. Anche se in tutte le loro tasche c'è uno smartphone di ultima generazione che non è stato trovato in una tomba egizia o tramandato dagli amati greci antichi.

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